Come fanno i lavoratori

dellavoro.altervista.org
Ho scritto questa poesia nel giugno scorso per un concorso.
Non saprei dire come sia andata a finire, perché di tal concorso niente nessuno m'ha saputo riferire... Ma adesso, a ridosso d'un viaggio e del giorno del 1° maggio, ho deciso di condividerla sul blog; codesto è il post numero novantanove... Senza averlo calcolato, il centesimo sarà il celebrativo del primo anno di Man esca allo scoperto. 






Come fanno le commesse
a restar sospese sui tacchi ore e ore
e come fanno le celeri cassiere
a sopportare dei soldi altrui il peso e l’odore?
Come fanno gli operai lassù
a passeggiare fra vuoto e vento
a restar equilibristi sulle gru
a modellar cemento?
E gli operatori di un call center qualunque
con la schiena rigida e la voce rauca
come fanno a chiamar chiunque
mentre il corpo curvo una passeggiata invoca?
E gli artisti, diffusori di cultura
autori d’opere a rischio disparte
commedianti d’un teatro a rischio chiusura
come fanno a vivere della loro arte?
E gli esodati come fanno
dopo decenni di fabbrica
a sperar nel riposo remunerato
o anche solo nel ritorno alla fatica?
Come fanno i lavoratori a sopportare
i contratti come clessidre
i turni notturni, i tagli al personale
Come fanno a regger tali sfide
e a ritrovare poi un quieto soggiorno
ove distendersi fra sudore e onestà
col cuore che adorno
trabocca dignità?

Qualora qualcuno volesse utilizzare / leggere / diffondere la poesia è liberissimo di farlo purché citi la fonte, cioè me :)
Personalmente mi farà soltanto piacere se qualcuno la decantasse in giro! Anzi, sotto sotto è forse questo il motivo per cui l'ho condivisa. Viva i lavoratori. Viva chi non si arrende.

Filtra della luce

In quasi un anno da blogger ho pubblicato 97 post, augurandomi tante belle cose, inneggiando alla speranza e incoraggiando la virtuale platea a crederci, così, in generale.
Non so quante volte però ho dovuto disfare la matassa, rimettermi in gioco, rimettere tutto in discussione, ricominciare da capo perché no, così come avevo previsto non è andata. Praticamente ho passato il tempo a fare e a disfare e poi, appena scoccato il 2013, ho deciso di disfarmi completamente. Sì, ho rischiato, perché ero stufa di continuare a raschiare, tanto per rifarmi ad una delle metafore di quel periodo. Però mai avrei potuto sperare in un colpo di fortuna, in un disegno architettato da angelici ingegneri tanto ero abituata a fare da sola... ecco il punto. Stavo seguendo un sentiero di egocentrismo al rovescio, della serie ce la devo fare da sola. Ero già pronta per proseguire e resistere al buio. Non è andata così. Perché non funziona in questo modo. Per fortuna. Esiste. Un mondo. Là fuori.
Filtra della luce, dunque. E non ho intenzione di restare ferma e quieta, giacché tutto è vivo e tutto possibile.
Filtra della luce e non ho più bisogno di questi piccoli e precari fiammiferi per illuminare tutt'attorno... Perché poco a poco va diradandosi l'oscurità. Non serve ricorrere ad espedienti, né brillare di luce propria. Filtra della luce quanto basta per cominciare a guardarmi meglio intorno. E illuminarmi. E scaldarmi.

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