Rotta


Ditemi se non vi viene il nervoso. Dico, a guardare i servizi delle Iene mentre smascherano dipendenti pubblici che in orario di lavoro fanno la spesa e sorseggiano caffè. Ditemi se non vi viene il nervoso a leggere annunci tipo “i primi articoli sono di prova, poi ci sarà un rimborso di un euro.” Un euro?! Ma è giornalismo o volontariato Caritas?
Qui ci vuole una bella seduta di yoga per mantenere la calma, in questo non-Paese per creativi, intellettuali, artisti, pensatori, educatori… Lo si era capito. Che non era un Paese per colti.
Studiare anni per… mettersi a cercare un lavoro per il quale non si ha studiato. E si è già fortunati a trovarlo, un lavoro. In nero, a singhiozzo, con contratto scadente (in tutti i sensi), a collaborazione. Eh beh, c’è la crisi, don’t be choosy. «Coi tempi che corrono si prende quel che c’è.» Il problema è che pure quel che c’è comincia a scarseggiare.
È una schiavitù moderna senza catene, questa: prima ci tolgono i sogni, poi ci fanno trotterellare da un posto all’altro, infine ci punzecchiano coniando apposta per noi anglosassoni termini. Però abbiamo il pezzo di carta che troneggia in cameretta. Se potesse parlare, il mio bel pezzo di carta, mi suggerirebbe per la prossima vita di fare il muratore. Peccato, al momento invece risulto disoccupata per lo Stato; e peccato non dirla tutta, cioè che amo il mio mestiere che poi è la mia arte: scrivere. Sì, vi assicuro che è un lavoro. Ogni tanto penso addirittura di poter guadagnare scrivendo libri, canzoni, sceneggiature, racconti! Che pensieri. Guadagnare inventando storie… Pare la trama perfetta per un libro. Fantasy.
Beh, in fondo neanche gli scrittori vivono d’aria. Il problema per noi è che, qualsiasi cosa si faccia, da spaccare le pietre a guardare l’orizzonte, può nascere l’ispirazione selvaggia, e senza preavviso.
Una bella fregatura. Mi sento un po’ una ragazza sfig… ehm sfortunata con lode plurima che non sa fare i soldi né conquistarsi un’opportunità. Al prossimo colloquio allargo la scollatura, non si sa mai.
Ma stanno per chiudere pure la Fnac! I dipendenti del negozio delle Gru di Grugliasco andranno in cassa integrazione… La Fnac. Non ci posso pensare. Là si vendono gli iPhone, eppure chiudono!
Che si fa ragazzi? Come azzardavo sette giorni fa, si rischia o si raschia? E se rischiamo, come facciamo a mangiare? E se raschiamo e tiriamo avanti, ce la faremo?
Sapete che vi dico? Che mi sono proprio rotta. Di rischiare, di raschiare, di tutto quanto! Cambio, mi sono rotta. Cambio rotta.
E lo faccio con una virata delle mie: brusca, goffa, pericolosa, improvvisa. Non ci sono scelte giuste o sbagliate, ma solo scelte.
Dunque, scelgo. Innanzitutto scelgo di smetterla di far confronti; gli altri magari avranno tutto ciò che io non ho, ma il mio percorso non è il loro. Ognuno ha una storia differente, e una differente strada. Smettere i giudizi, ecco il primo passo per…
Cambiare rotta. Ma poi, concretamente, cosa può fare una scrittrice per sostentarsi? Ehm, cosa può fare una scrittrice senza soldi e senza scollatura? Va beh, sulla seconda potrei lavorarci.
Così non si può continuare, non è per i soldi, né per la gloria, ma per la felicità... Lo so, si risolverebbe tutto con qualche appuntamento in più. Ma valli a trovare, ‘sti uomini. Li devo rincorrere, manco chiedessi loro di essere assunta… Mmm, devo proprio lavorare su questa scollatura. Gioverebbe a sentimenti e professione.
Vi assicuro che stavolta la scollatura era metaforica: intendevo una maggiore apertura verso il mondo… Rotta verso nuovi orizzonti e nuovi incontri e nuove sfide.
Rotta nuova, per non finire in rotta…mazione. Mi serve un’opportunità. Non ce ne sono, lo so bene, allora me le inventerò. Il potere di una scrittrice… testarda, insicura, pasticciona, che possiede però un cuore e soprattutto un cervello (fin troppo) funzionante. E tanta volontà. Si vede che a furia di studiare sviluppo e cooperazione ci si crede davvero, che si può cambiare. Non il mondo, se stessi.

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Apologia del rischio



Dedicato ai colleghi aspiranti scrittori e, più in generale, a tutti gli esseri non arrendevoli.


Quotidiano specchio di mediocrità. Dal quieto già difficile mattino fino al tramonto sipario di un’altra giornata passata a raschiare
Raschiare il fondo del barile quasi vuoto, per tirare avanti un altro po’ e prolungar l’esistenza proiettandola ad una cronica attesa di tempi migliori. Raschiare, fra annunci di che cosa sei disposto a fare per poter lavorare o averne l’illusione; raschiare, alla ricerca di una stabilità che tendi a vedere nelle vite altrui, mai nella tua. E allora, si raschia
Mentre ancora raschi la tua dose di mediocrità quotidiana, porgi lo sguardo all’orizzonte; laddove gli altri non vedono che il vuoto, tu vedi l’infinito. Una visione che stride in mezzo a barili consunti di prodotti che nulla ti han dato che s’avvicini alla felicità. Perché non sei felice, restando fermo. Sai che la felicità forse non è il traguardo, ma il correre verso lo stesso; sai che, probabilmente, nel momento stesso in cui deciderai di metterti a correre verso il tuo traguardo, ti sentirai inondare di felicità da dentro. Ma non ce la fai, non ci riesci
E allora riprendi a raschiare, così fan tutti, intorno a te. Finché ce n’è. Così fan tutti. Tirare avanti. Collaboratori con qualifica di raschiatori.
Poi un fischio. In lontananza, un fischio che rompe la quiete, e ti cattura. Chi è che fischia? Cosa c’è laggiù?
Sembra che a nessun altro dei colleghi raschiatori importi saperlo. Cosa c’è laggiù?
Per soddisfare la curiosità, dovresti smettere di raschiare e incamminarti. Dovresti insomma rischiare. Solo per il gusto di sapere cos’è quel bizzarro fischio
Correrai il rischio. Correrai per il fischio…
Allontani le mani dal barile ed è già una liberazione. Ecco, però ora non hai più niente da fare, non hai un’occupazione, sei già un nullafacente. Così recitano gli sguardi dei colleghi raschiatori. Devi muoverti; e così fai. T’avvii.
Stai rischiando. Nulla sai di quel che t’attende; sai solo che non vi sono certezze. Dentro, però, è come sentirsi vivi, un brivido tipico dell’azzardo, cui s’aggiunge una crescente determinazione di volere qualcosa… di più? Di meglio? Di diverso. Ecco. È un rischio enorme. È una scelta impopolare e anticonformista. Nessuna garanzia, nessuna certezza. Non si tornerà indietro. Buche sulla strada, ostacoli che abbondano. Ti avevano avvertito con lo sguardo, i raschiatori: questa via è pericolosa. Piena di buche. E se cadi? Ti gridano. Mi rialzerò, rispondi.
Quello che loro non possono sapere è che già qui a cento metri l’odore è diverso. La speranza trasuda tutt’attorno questa strada. E prosegui, sulla base di quel fischio che ancora è troppo, troppo lontano. Ma è come un richiamo.
Stai rischiando. Come rischiò JK Rowling quando completava il suo primo Harry Potter senza un soldo né un’attenzione. Invece di fermarsi e riprendere a raschiare è andata avanti rischiando, completando il suo romanzo in mezzo a rumori e voci e luci nel pub del cognato. Chissà, forse anche lei aveva udito un fischio. O semplicemente ci credeva e basta. E poi? Uno, due, tre rifiuti, tre buche sulla sua strada. E poi? Lo propose ancora, quel manoscritto. Il seguito è noto a tutti.
Rischiare, azzardare, osare. Non è roba per inguaribili sognatori o super visionari, quanto piuttosto per tipi curiosi e cocciuti testardi.



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