Coltivare le buone abitudini

Inauguro oggi una piccola rubrica che, spero, potrà essere utile e stimolante. “Coltivare le buone abitudini” vuol essere una rubrica di riflessione con concreti spunti da applicare nel quotidiano.

                                ASCOLTARE UN BRANO MUSICALE OGNI GIORNO

Chi mi segue immagino starà subito pensando alla lettura come abitudine virtuosa, e in effetti sì, ma... Oggi vorrei partire dalla musica. La buona abitudine che vi invito a coltivare è, semplicemente, quella di ritagliarvi uno spazietto quotidiano per ascoltare anche solo un brano degno di… nota. Ascoltare musica, lo sa bene il nostro io adolescente, ci apre nuovi orizzonti, ci conforta, ci (s)carica, e in generale ci regala una sensazione di benessere. Solo che in una vita frenetica può accadere che ci si dimentichi della bellezza della musica, oppure che, all’opposto, essa sia talmente diffusa e sparata ovunque da non farci neanche più caso. Quel che serve per godersi davvero la musica è prestarvi la giusta attenzione, oltre che selezionarla con cura. Quest’abitudine è una pausa gentile che puoi concedere a te stesso, ma non serve spararsi decine di canzoni a tutto volume nelle orecchie, ne basta anche solo una, purché scelta con cura. Non entrerò troppo nel merito dei generi musicali (potrebbe venir fuori una bagarre!) ma coltivare quest’abitudine significa provare a coltivare il proprio buongusto, magari aprendosi a generi / brani mai ascoltati prima; ci sta anche di riascoltare i brani cui si è più affezionati, senza dimenticare di sperimentare ogni tanto aprendosi al nuovo (o al vecchio, dipende dai casi). Se però nellaprire YouTube o Spotify non sai proprio da dove cominciare... Ti lascio qui alcune proposte, ben diverse fra loro per testo, epoca e genere.

(Link YouTube solo ascolto, no videoclip)

1.       November rain- Guns ‘n’ Roses. Una celebre ballata di una grande rockband, in tema autunnale. Struggente, ma qui vi serviranno più di cinque minuti… www.youtube.com/watch

2.   Al di là dell’amore- Brunori Sas. Canzone del 2019 di un cantautore nostrano un po’ sottovalutato, testo stupendo e musica pure www.youtube.com/watch

3.      Burning love- Elvis Presley. Se cercate un brano frizzante, rockeggiante e non troppo lungo: un classico ancora affascinante www.youtube.com/watch

4.    Dance me to the end of love- Leonard Cohen. Brano romantico, sensuale, delicato. Io l’ho scoperto grazie al romanzo di J. Bertola, Di chi è questo corpo www.youtube.com/watch

5.      Il peso del coraggio- Fiorella Mannoia. Se vuoi un brano impegnato ascolta questo, fra l'altro scritto da Simone Cristicchi: rimane impresso www.youtube.com/watch

 

                        CAMMINARE (SENZA FRETTA E PER IL GUSTO DI FARLO)

Camminare.

Sembra scontato, lo facciamo tutti i giorni…

Eppure la maggior parte delle volte andiamo di fretta e basta, sicché camminare diventa un automatismo cui non badiamo troppo. Ecco la mia breve riflessione, seguita da qualche spunto pratico, per affinare un’abitudine in grado di regalarci benefici incredibili se praticata con maggior consapevolezza.

Prova a pensare all’ultima piacevole camminata che ti sei concesso, intendo senza fretta né impegni imminenti; magari eri all’aria aperta col tuo cane, col tuo partner, coi tuoi bambini, oppure per i fatti tuoi, completamente immerso nei rumori della natura? Magari eri in un bel parco cittadino di prima mattina? Come ti sei sentito dopo la camminata? Io in genere mi sento pervadere da una sensazione meravigliosa.

Ma non è così scontato, per chi abita in città, coltivare una così buona abitudine. È chiaro che la camminata a cui si allude non è certo la corsa frenetica per accompagnare i bimbi a scuola, per acchiappare il bus o per entrare in tempo a timbrare il cartellino…

Ritagliarsi uno spazio quotidiano da riservare a una camminata fine a se stessa è un’abitudine che può giovare molto alla nostra salute. Attenzione però: io che vivo in una città ahimè inquinatissima, Torino, mi rendo conto di quanto poco giovi camminare in mezzo allo smog e al traffico, specie nelle ore di punta. Ecco perché bisogna saper scegliere una fascia oraria e un luogo consoni alla camminata. Magari concedendosi una gita fuori porta, immersi nel verde.

Qualche accorgimento per godersi appieno la camminata:

Innanzitutto se sei disabituato a camminare, non esagerare. Come ogni abitudine, anche questa dev’essere introdotta con gradualità, magari partendo da dieci minuti al giorno.

Occhio alla postura: le mani in tasca non agevolano il nostro corpo in movimento, né sporgersi troppo in avanti. E assicurati di avere calzature comode.

Altro vizietto comune è quello del cellulare: se proprio non se ne può fare a meno, meglio munirsi di auricolare, oppure fermarsi per rispondere a un messaggio.

Ben vengano le camminate in compagnia! Ma ricordati che puoi benissimo concederti una passeggiata da solo senza per questo che vengano meno i benefici.

Prediligi uno zainetto anziché la borsa a tracolla per le passeggiate particolarmente lunghe.

Non preoccuparti troppo della performance, goditi il momento e il paesaggio!

London Bridge- Fine


Vi ripropongo questa storia a distanza di dieci anni. Una visione onirica forse sogno, forse racconto, forse viaggio. O tutte e tre le cose. Una storia che inizia con una fine e finisce con…

 

Fine.

Sgradevole odore di fine. Sensazione d’aver fallito, d’aver buttato via tempo, occasioni, sorrisi. E ora è tardi ormai, è la fine. Lo sento, dai rintocchi del grande Big Ben che risuona minaccioso nella mia Londra interiore, cupa e oscura, grande e desolata. E io, anima smarrita, vi vago.

Esploro questa Londra immaginaria, e mi par di vivere un’avventura alla Dylan Dog. Ma non v’è traccia di altre presenze umane, e nemmeno di mostri. Solo apocalittica atmosfera. Cammino accanto al Tamigi indecisa sul da farsi. Fermarsi?

Tanto è quasi la fine.

Una canzone dei Clash mi riecheggia dentro. London calling. Londra sta annegando. Il cielo è scuro, il Tamigi inquieto. La fine si fa molto vicina.

E, così prossima alla fine, comincio a pensare al fine. Che ci faccio qui? Che ci faccio qui, da sola?

Ho perso di vista il mio fine. E me ne rendo conto solo alla fine. Beffardo destino.

Ma attendere la fine vagando senza meta è un modo piuttosto noioso di concludere l’esistenza, pertanto, corro. Provo a inseguire il mio fine, al novantesimo minuto, ma ci provo; corro disperata, fiume alla mia destra, Clash nella mia testa, mossa dal folle tentativo di rincorrere il mio fine. Ancora corro, mentre poco a poco nei dintorni sbiadiscono i contorni. D’altronde è prossima la fine. Il buio non accenna a sbiadire, però. Rimane lì, vigilante. Eppure la mia corsa ora ha un fine, una meta, che imponente e improvvisamente si rivela ai miei occhi. Un ponte. Un ponte pieno di gente.

In questa visione onirica era mancata proprio, la presenza umana. Forse, come ogni fine che si rispetti, sarà un happy end, in compagnia!

Mentre ancora ci penso, il cielo si scuote ed esplode in un grande fragore. Scoppia a piovere. Le copiose gocce m’invadono, mi rallentano, e sbiadiscono i contorni del ponte, del mio ponte. No! Non sparire, ponte!

Corro verso di esso ma, appena vi metto piede, il ponte prende a sgretolarsi. Mi ritraggo, fradicia, esausta, scossa da un’imminente apocalisse acquatica che mi impedisce di raggiungere il mio fine... Ma, se salgo sul ponte, questo si sgretolerà, e le persone sopra sospese cadranno giù. Allora grido, ma i tuoni sovrastano il mio appello. Mi sbraccio, ma la nebbia s’alza per avvolgermi. Questa è la fine. Loro non sanno nemmeno che son qui. Sono tutti stretti gli uni contro gli altri, in attesa della fine. Ed io, sola, non ho raggiunto la meta. Ho fallito. Mi sento così incompleta. Potrei cedere alla disperazione. Oppure. Tuffarmi. Tanto, fine per fine... Che almeno sappiano ch’io son qui, per loro. Mi tuffo.

L’acqua è gelida, mi penetra la pelle e quasi mi toglie il respiro, tuttavia riesco a gridare e a sbracciarmi. Tanto basta a quelli sul ponte per vedermi. E nel vedermi si allarmano. Vogliono salvarmi. Ma tanto questa è la fine, non ha più importanza. Quel che conta è che sappiano ch’io son qui, per loro, il mio fine. A breve verrò sommersa. Li saluto, mando loro un bacio d’addio.

E poi, mentre attendo la fine di fronte al mio fine... Un’imponente imbarcazione sbuca alle mie spalle e mi acceca con grandi fari. Son troppo sensibile alle luci, dopo tante oscure corse. Mi agito, non penso, non aspetto, ma nuoto, alla cieca, verso i fari. Finché qualcuno mi afferra e mi tira su.

Quando riapro gli occhi, sono sul ponte. Anch’io. Finalmente. Evviva! La tempesta riecheggia solo più in lontananza, ormai. E i raggi del sole squarciano il buio. E un suggestivo arcobaleno gli dà il colpo di grazia riportando speranza; varie mani mi stringono. Risuonano ancora i Clash nella mia testa. Ma è cambiata la canzone. Should I stay or should I go?

Rimango, va’. Il clima è bello... Se non fosse ch’io, proprio io, sto causando lo sgretolamento del ponte, accidenti... Me n’ero scordata! Eppure, nessuno appare eccessivamente preoccupato. Anzi, la gente prende a camminare per passare dall’altra parte. Dall’altra parte... Mi avvio anch’io...

Il ponte sta sgretolandosi dietro di noi; facciamo appena in tempo a passar indenni dall’altra parte, ove s’erge l’arcobaleno, che il ponte cessa di esistere. Alle nostre spalle s’è consumata davvero la fine, sotto forma di vuoto.

Dall’altra parte la luce è così intensa. E rimane lì, vigilante.

M’ero sbagliata. Nulla finisce giacché tutto si trasforma.

Inizio.

Post in evidenza

I BUONI PROPOSITI DEL LETTORE

Vorrei cominciare questo nuovo anno condividendo i buoni propositi... del lettore. Molte persone, infatti, mettono fra i buoni propositi qu...