Jerry Maguire

Mi sento Jerry Maguire.
Se devo scegliere un modello di riferimento della finzione statunitense, preferisco lui a Superman e a qualsiasi altro eroe o supereroe.
Potrei essere la sua versione femminile: che ne dite di Jenny Mieiguai?

Mi sento come Jerry Maguire, tormentato in una notte in cui non trova pace perché la sua vita è incompleta e il lavoro da procuratore sportivo lo rende cinico e arrivista.
Mi sento come Jerry Maguire che segue i dettami della coscienza in risveglio e comincia a scrivere. Ne esce una relazione programmatica dal forte spirito etico che presenta convinto all'azienda. "Possiamo lavorare con maggiore attenzione alle persone." "Meno clienti e meno soldi."
Mi sento come Jerry Maguire quando viene licenziato, solo a gridare folle e disperato contro un ufficio colmo di colleghi voltafaccia. "Il pesce rosso viene con me!"
"Qualcun altro vuol venire con me?"
Solo una persona lo segue. L'unica che creda davvero in lui...
Mi sento come Jerry Maguire che in guai seri decide di mettersi in proprio.
Mi sento come Jerry Maguire che perde tutti i suoi clienti, restando senza soldi e con la speranza appesa a un filo. Gli rimane un solo, fedele cliente, tutt'altro che un campione. Mi sento come Jerry Maguire che teme la solitudine ma ha il coraggio di chiudere una storia che non funziona e ricominciare così tutto da zero.
Mi sento come Jerry Maguire continuamente sull'orlo del precipizio, mentre scorrazza fra strade e aeroporti cercando di portare al successo il suo unico cliente non esattamente star del football.
Mi sento come Jerry Maguire che non riesce ad amare fino in fondo e si sorprende se un bambino lo abbraccia e lo bacia. Mi sento come lui, guidato dall'amicizia del suo unico cliente e dall'amore della sola persona in grado di completarlo.
Mi sento come Jerry Maguire che manda a monte la cosa più bella che esista ma ha ancora la forza di seguire fino in fondo la sua impresa professionale. Mi sento come lui, che alla fine ce la fa: il suo unico amico-cliente fa il touchdown ed entra nella storia. Gloria e soldi per entrambi.
Mi sento come Jerry Maguire che si scopre profondamente incompleto proprio all'apice del suo successo. Tutto risuona così insipido. La gloria, i soldi, i flash, le congratulazioni.
Mi sento come Jerry Maguire quando si ricorda che ha una moglie che lo ama. Mi sento Jerry che corre disperato verso l'amore, perché forse non è troppo tardi.

Assomiglio parecchio a questo personaggio, allora interpretato dal bel Tom Cruise. Etica, ambizione, attaccamento alla vita, paura della solitudine, ritardo nel capire le cose, testardaggine. E poi,
difficoltà ad amare, difficoltà ad arrendersi. Resta da capire quale delle due difficoltà prevalga alla fine, perché nella realtà di ognuno di noi un grammo in più dell'una o dell'altra fa la differenza tra una vita incompleta e una vita piena. In fondo è sempre e solo una questione di scelte.

Incrocio

Era tanto che non piazzavo un raccontino sul blog... Questa storia è fresca fresca: nonostante il poco tempo son riuscita a scriverla... Buona lettura!

Manca poco alla fine. Nel senso che sarà la fine.
"Cinque minuti!" strilla il mister, quasi a volerci rimproverare, perché non siamo ancora condannati. Certo, potevamo evitare di giocarci tutto all'ultima giornata. Ora siamo invischiati in questa partita crocevia della stagione, contro la diretta concorrente. Che incrocio terribile, questo. Senza gol finirà zero a zero. Pareggio uguale retrocessione. Eppure, basterebbe un gol. Gli avversari, forti del loro punticino di vantaggio, badano solo a difendersi. Ma nessuno dei miei compagni sembra possedere la forza per provarci. Nemmeno il capitano-superstar-onnipotente-Numero Dieci. Lui, il nostro campione. Oggi non pervenuto.
Pensavo di poterla risolvere io. Però questo ruolo mi eclissa dal gioco. Io volevo essere fantasista, Numero Dieci. Giocare sulla fascia è un lavoro sporco. E poi, a cosa è servito? Nel primo tempo ho fornito assist ai compagni, peccando di altruismo, ma loro non hanno saputo sfruttarli. Nel secondo tempo ho deciso di fare da me, cercando giocate e iniziative personali, in uno sbalzo improvviso- quanto inutile- di egocentrismo puro, come se tutto dipendesse da me. Di gioco di squadra però non se ne parla, gli schemi sono saltati; conterebbe solo vincere. Ma in campo aleggia uno strano spirito di rassegnazione. E mentre non manca che una manciata di minuti alla fine, mi convinco che un gol cambierebbe davvero tutto. Tutto. Cosa darei per segnare io la rete decisiva, magari proprio adesso, prossimi al novantesimo. Che abbiamo da perdere? Ormai, niente... Ma laggiù c'è un catenaccio inespugnabile. Intanto, il pubblico ci fischia. La curva, poi, è infuocata. Fantastico.
Ottantasettesimo, il mister nemmeno parla più. Sono a centrocampo, ad inseguire un pallone impossibile, colpa di un passaggio fuori misura del mio compagno, il Numero Sei, il roccioso difensore dai piedi poco delicati.
Forse dovrei risparmiare fiato, lasciar andare questo pallone destinato fuori... Lasciarlo andare...
Un momento.
Il terzino che copre questa fascia è il biondo ossigenato Numero Tre. Ma io non lottavo contro lo stempiato Numero Due? Ecco, lo sapevo. Ho sbagliato fascia. Ho sbagliato fascia, dico, si può? Se lascio che il pallone vada fuori, il mister mi striglierà... No! Accelero e lo recupero per questione di centimetri. Ecco. E adesso? Che faccio? Nessun compagno in appoggio, te pareva. Il Numero Dieci fuoriclasse rimane fermo. Compagni in area non ne vedo. Però... Se mi mirassi al palo più lontano potrei farcela... Il portiere, che è leggermente fuori posizione, non se lo aspetterebbe! Istintivamente sposto celere il pallone dal piede destro al piede sinistro. Non potrei mai eseguire un tiro normale, sarebbe una telefonata al portiere. Perciò provo ad alzarla. Ne esce un pallonetto dalla traiettoria imprevedibile. Come avevo intuito, coglie gli avversari di sorpresa. Il portiere indietreggia disperatamente...
E poi il pallone si stampa all'incrocio dei pali. La porta trema, il rumore metallico riecheggia in tutto lo stadio. Silenzio. Mani sudate a coprire volti increduli. Ma la sfera non ha finito di sorprendere. Schizza in alto e ricade: il portiere respinge a mano aperta, un difensore rientrato di corsa allontana alla meno peggio. Il nostro capitano però è già in agguato e, al limite dell'area, colpisce la palla con un destro potente. E la palla a sua volta colpisce prima il palo interno, poi la schiena del portiere tuffatosi inutilmente. E rotola via, oltre la linea.
E' il gol più assurdo che abbia mai visto.
Nessuno sa chi ringraziare, come esultare, che fare. Lo stadio però minaccia di venire giù, i tifosi hanno un pathos effervescente e un umore repentino. Eravamo perduti, spacciati, automi in campo, ora pubblico e panchina esplodono con noi dalla gioia. Il mister mi guarda negli occhi, riconoscente, mentre il Numero Dieci della squadra si prende tutta la gloria, sotto la curva festante, in fondo il gol è più o meno suo.
E' ormai la fine e i miei compagni sono trasformati; attaccano, difendono, si parlano, sono concentrati e sicuri. Persino l'eterno zoppicante Numero Nove, l'ipocondriaco e pessimista della squadra, persino lui ora corre. Avversari alle corde. Mentre scorrazzo per il campo partecipando al torello collettivo, penso al mio gesto folle e inspiegabile. Un pallone destinato a rotolare fuori, un pallone destinato a spegnersi. Quel tremore sordo sui pali ha destato una squadra sopita, spacciata. La follia di un'ala sinistra fuori posizione che inventa la speranza per la sua squadra quasi retrocessa.
L'arbitro fischia la fine, ma non abbiamo sofferto nel gestire il risultato, anzi: a momenti il nostro gigante Numero Due non segnava il due a zero con una capocciata su calcio d'angolo. Festeggiamo sotto la curva, in un euforico delirio collettivo, mentre gli avversari catenacciari scorrono via quasi in lacrime.
Nello spogliatoio incrocio il capitano Numero Dieci superstar. Mi stringe la mano, forte. Troppo forte. Sussulto, che forza che ha... Sul suo volto da campione leggo un'espressione a metà fra divertimento e riconoscenza. Ad alta voce scandisce: "Grazie per l'incrocio."

Questo è un racconto di pura fantasia, riferimenti a persone o cose sono da intendersi puramente casuali.

Piazzamento

«Non possiamo consentire alla piazza di fare scelte che deve fare la politica» ministro Annamaria Cancellieri
Fonte foto: wikimedia
Posto che la piazza di cui si parla è quella dei manifestanti, coloro che protestano per difendere dignità e diritti, la frase sentenziata dal ministro dell'Interno non suona molto accettabile dal punto di vista costituzionale, dacché la sovranità è del popolo e non dei politici, nemmeno quelli tecnici. Almeno in teoria.
Considerare la piazza come un ribollitore di facinorosi è una storpiatura della realtà, ma da sempre chi infrange le regole - e basta buttare un sasso - fa più rumore e dunque più notizia.
Il ministro Cancellieri ha espresso solidarietà alle forze dell'ordine. Ovviamente. In fondo, non so quanta voglia abbiano i poliziotti di scontrarsi coi manifestanti. Però, perché il governo non esprime solidarietà anche a studenti, precari, ricercatori, esodati... ? Questo atteggiamento parziale non fa che dilatare la spaccatura.
Indubbiamente le manifestazioni pubbliche rappresentano un terreno di scontro, ma le responsabilità sono da cercarsi dall'una e dall'altra parte: le immagini parlano da sole. Ma lacrimogeni e sassi non si tirano da soli. E i manganelli non si alzano per sbaglio. Poi certo, l'odio incondizionato verso l'una o l'altra categoria non aiuta. Il ministro Cancellieri ha parlato di sacrifici, dicendo che ci dobbiamo preparare a momenti difficili (che novità); ma i sacrifici di cui parla non sono materiale estraneo al popolo, purtroppo, che già da un pezzo si sacrifica in tutti i modi possibili. Il ministro però utilizza il noi, "Dobbiamo". Non potrei essere più d'accordo. Forza allora, la Piazza sarà lieta di unirsi al Palazzo. Sacrifichiamoci insieme. Per noi d'altronde non cambierà nulla, ci siamo abituati. E per voi politici? Sareste pronti a rinunciare all'auto blu e a ridurvi un pochino il lauto stipendio, per esempio? Ecco, sarebbe un buon punto di partenza. Si avrebbero molti più soldi nelle casse statali, meno lamentele e più armonia nelle tanto imputate piazze.
Ci vorrebbe un Parlamento su misura del popolo (dato che il secondo elegge e legittima il primo affinché lo rappresenti e lo tuteli): un Parlamento che sì, sia dalla parte della gente, della Piazza. Ci vorrebbe un Piazzamento, il potere che lavora per il bene dei cittadini, perché autentico rappresentante della volontà popolare.

Piano C

Voglia di un progetto plurale, condiviso, concreto, dopo un anno e mezzo trascorso ad attendere e costruire in prospettiva solitaria. Voglia di condividere un'idea, non di essere premiata per la stessa, ecco ciò che mi mancava.
Ho vissuto un momento di smarrimento e buio. Mi si era scaricata la torcia. In quel momento, pensieri apocalittici (nel mio caso: mi arrendo, mollo tutto, vado via, mi rassegno) stavano plasmandosi. Lo stesso momento in cui facevo la conta delle troppe cose che non avevo, e di quel poco che avevo da perdere. Schiacciata in un paradosso esistenziale che non permette né bagagli né radici (questa è un'autocitazione, ma tranquilli: mi sono chiesta il permesso) bivaccavo, inerme, senza poter far altro che attendere. Attendere che qualcuno, o qualcosa, mi salvasse. Oppure consumarsi lentamente nell'attesa stessa. Poi. Qualcosa dentro, improvvisamente, si è illuminato. Brillare di luce propria. Comodo!
Se piano A e piano B sono impercorribili, né bagagli né radici, allora si passa direttamente al piano C.

Avevo già provato a inventarmi da me una soluzione. Ma era sempre la solita strada ideale. Finché non ho afferrato quale punto fondamentale stesse sfuggendomi. E l'ho afferrato grazie alla luce che mi è scattata dentro d'improvviso, più o meno come la mattina in cui decisi di aprire un blog, o il giorno in cui cominciai a scrivere un romanzo...
Creare lo spazio, il lavoro, il progetto che non c'è. Tutto normale, solito copione. Sono anni che ripeto le stesse cose come una litania, e sono anni che le mie idee si fermano alle scartoffie senza mai cominciare concretamente (con un'unica eccezione ma all'estero è un'altra cosa). A meno che.
A meno che il progetto non sia condiviso, fin da subito. Porte aperte che infrangono la barriera dell'egocentrismo. Questo è il Piano C.
E' stato un attimo: sono partita in quarta e ho scaraventato tutte le idee, vecchie e nuove, su carta, fino a convergerle in un solo grande modello ideale di progetto. Dopo una settimana il modello ideale era già un'idea funzionale, ma non grazie a me, bensì grazie alle prime contaminazioni: ho infatti sottoposto la mia idea iniziale ad altri e questi altri l'hanno contaminata con dubbi e spunti, trasformandola, rendendola migliore.

Ero troppo ferma. Non si può rimanere ad aspettare le possibilità. Eppure, non ho probabilmente nessuna possibilità di realizzare il progetto che ho in mente e in cuore, tranne quella di provare. Sarà un'impresa, certo. In molti sensi, fra l'altro. Il 'problema' è che tale progetto non appartiene più solo a me, adesso. Non è più soltanto mio. Questo sì che 'complica' le cose e sovverte la storia...
Se davvero hanno rubato il futuro alla nostra generazione allora è tempo di tessere una nuova trama di avvenire, ragazzi. Ma non come stagisti. Bisogna smettere i panni degli aspiranti. Aspiranti cosa, a venticinque, trent'anni? Noi sappiamo già chi siamo e cosa vogliamo fare. Ma il tempo scorre via e non aspetta che intanto noi aspettiamo che qualcuno ci dia le possibilità.

E' una faccenda seria, questa idea di progetto. D'altronde scrivere e lanciare idee non è un hobby, per me non lo è mai stato. E' il mio mestiere, il mio moto, il mio istinto incontrollabile. E l'istinto non sbaglia mai.
Continua

Incontro o scontro

Sta succedendo un po' di tutto in Italia. Anzi, in Europa.
Nel nostro Paese un'altra discutibile legge è stata approvata tacitamente, in Senato, per mezzo di voto segreto. Già qui, qualcosa non torna. Segreto non fa rima con democrazia. E difatti questa legge, indegna di una democrazia, castigherà tutti i giornalisti 'cattivi': galera per chi diffama (sulla scia del caso Sallusti). Qual modo migliore per spaventare e imbavagliare ancora di più la stampa? E mentre la Lega promotrice di tale legge minimizza, da Strasburgo arrivano le critiche del commissario dei Diritti Umani. Guarda caso.

La giornata di oggi, quella del primo sciopero europeo, è stata contrassegnata da furiose e inaccettabili immagini di manganellate e sangue. Ci risiamo. Scontro divise- studenti. Come se già non bastasse la guerriglia ormai ordinaria in Val Susa. Se non è scontro non siamo contenti. Verbale, fisico, ideologico, comunque sempre violento. Chissà se le autorità si interrogano sul serio sul perché la gente protesti... In tutta Europa, oggi. Non sarà forse per i danni sociali che la crisi economica continua a mietere, mettendo in ginocchio imprenditori, operai, disoccupati, laureati con lode?

Penso ai dipendenti della FNAC e a tutti coloro che rischiano il posto di lavoro. Penso agli artisti che scrivono, cantano, recitano per professione in un Paese che li snobba. Penso alla mia generazione segregata in un call center. Penso ai piccoli imprenditori oppressi dai debiti. Penso agli italiani che diventano più poveri degli immigrati, che ritrovano poi in coda alla mensa della Caritas...
Le scuole cadono a pezzi, i paesi vengono travolti appena piove un po' più copiosamente, le fabbriche e i negozi chiudono. I debiti s'accumulano. A volte per beni di cui non abbiamo bisogno. E' la società degli stage, dei debiti, dei furti. Persone a pezzi, valori a pezzi, cultura a pezzi. E questo sarebbe il punto d'arrivo del capitalismo? V'era tutto questo nel modello ideale degli economisti, quando predicavano la crescita illimitata?

E' tempo di scegliere. Scegliere se continuare a tenere in vita un modello che, giusto o sbagliato, sta causando questi drammi sociali, oppure se intraprendere una nuova strada, magari rischiosa, ma che metta al centro le persone. Non aspettiamoci nulla dai politici, s'è visto cosa interessa loro... Perciò, lasciamoli con le loro auto blu e i loro vitalizi. Noi, preoccupiamoci del futuro. Spazio alle idee.
Ho deciso che porterò avanti la mia idea, che in realtà non è più soltanto mia, appartiene già a più persone. Fra non molto la racconterò, dato che si tratta di un'idea recente che punta proprio alla partecipazione collettiva. Possiamo essere produttori, non solo consumatori. Produttori in tutti i sensi. A partire dalle idee, potremmo proporre le nostre. Spazio alle idee. Spazio alle idee comuni. Uniamo le forze, incontriamoci, scontrarci suona come un'istinto di sopravvivenza, mentre per (ri)costruire il futuro bisogna tornare a vivere!
E' tempo di scegliere. Se preferire lo scontro, rude istinto individualista di sopravvivenza, oppure l'incontro, trama interpersonale assai impegnativa, ma mille volte più interessante.

Vecchia Signora e giovani protagonisti

In un campionato senza top players, molti giovani giocatori (e allenatori) stanno prendendosi la scena.
La lotta scudetto non è al momento molto aperta: la Juve domina. Dopo la brutta sconfitta in casa con l'Inter, la Vecchia Signora ha risposto con due larghe vittorie. D'accordo sulla pochezza degli avversari, ma due settimane prima il Nordsjaelland aveva strappato un pareggio ai bianconeri...
Lo scivolone contro l'Inter, a posteriori, è servito tantissimo a far ritrovare quella cattiveria agonistica, quell'aggressività tipica della squadra di Conte, oltre che a cancellare un record che, alla lunga, poteva diventare scomodo e basta. Finalmente sono arrivati i gol degli attaccanti; Giovinco ha risposto alle (troppe) critiche con due pregevoli gol, mentre Quagliarella ha fatto il fenomeno segnando una tripletta - la prima della carriera - a Pescara oltre al gol di Champions da subentrato. Il n° 27 bianconero segna poi in tutti i modi possibili: di testa, di piede, in rovesciata, e si diletta con assist al limite del possibile (vedi quello per Asamoah). Prandelli, che altro deve fare questo ragazzo per essere riconvocato in Nazionale? Spazio ai giovani d'accordo, ma in ottobre era stato richiamato anche Gilardino che proprio giovane non è...
L'Inter, reduce dall'impegnativa trasferta europea, non ha tenuto il passo. Non per particolari demeriti suoi: l'Atalanta di Colantuono, di cui mai nessuno parla, è una splendida realtà della nostra serie A: senza la penalizzazione sarebbe ancora più in alto in classifica.
Sorprende in negativo la Roma di Zeman, traballante come quella di Luis Enrique l'anno scorso. L'osannato tecnico boemo ha fatto delle scelte impopolari (Destro, Burdisso, De Rossi...), che non hanno portato i risultati sperati. Anche il Milan si lecca le ferite; una squadra smantellata non poteva che andare in difficoltà. Galliani ha venduto tutti i fenomeni che aveva, salvo trattenere (strap)Pato. Mah...
Vola la Viola, invece... E gran merito va a Montella, tecnico giovane e brillante, come Stramaccioni. L'aeroplanino ha completamente cambiato l'assetto di una Fiorentina allo sbando (un po' come fece Conte alla Juve) che ora si gode l'altitudine del quarto posto.
Arranca Genova, a una settimana dal derby che potrebbe condannare una delle due, Samp o Genoa, in caso di sconfitta: se dovesse prevalere la paura di perdere potrebbe anche terminare 0-0, cosa peraltro già accaduta in passato recente, nel derby della Lanterna.
Infine, una considerazione sui ventenni della Serie A, i vari Immobile, Insigne, El Shaarawy: questi ragazzi, rapidi e talentuosi, rappresentano un tesoro nazionale in prospettiva. Sono già idoli delle tifoserie, già titolari o quasi, ci si augura solo che i rispettivi allenatori sappiano gestirli e crescerli. Un altro protagonista è il non ancora ventenne Paul Pogba. La Juve ha fatto un colpo di mercato pazzesco, lo si era già capito nelle amichevoli estive. Si perdoni al ragazzo i ritardi agli allenamenti (pare che abbia capito comunque...), Cassano e Balotelli hanno fatto di peggio.
Non c'è che dire: ora più che mai sono i giovani i protagonisti della Serie A. Niente male per un calcio in declino. 

Giocatori d'assaggio

I giocatori sanno bene che si può resistere addirittura per ventiquattr'ore di seguito con le carte in mano senza neanche gettare un'occhiata a destra o a sinistra. ("Il giocatore", F.Dostoevskij)
In tempo di crisi lo Stato batte cassa. Non soltanto attraverso le tasse dirette. Palesi. Predilige molto anche quelle indirette. Subdole. Tattiche da monopolio di Stato.
Il gioco d'azzardo - dall'arabo az-zahr, dado- è, appunto, un gioco. Nell'antichità si giocava ai dadi; famosissimi lungo la storia sono stati anche i giochi di carte, che come tutti i giochi divertono, intrattengono, appassionano e sono piacevoli se praticati in compagnia. Ed è così ancora oggi. C'è solo un piccolo problema: il dio denaro. Sempre lui, insinuato nelle attività umane... Dunque, oggi come allora, il gioco d'azzardo rappresenta un'appetibile prova la fortuna in tutte le sue forme. A differenza di un normale gioco però, con l'azzardo si può provare un brivido d'adrenalina, quando la pallina comincia a vorticare sui numeri rossi e neri... Ma la roulette è un gioco da signori. Non è del casinò che s'intende dibattere, dacché chi vi entra solitamente se lo può permettere, tanto di vincere quanto di perdere.


Il vero problema sorge dal gioco d'azzardo "urbano", quello dei giocatori incalliti ipnotizzati da diaboliche macchinette nei bar, nelle sale giochi, nelle tabaccherie addirittura. Queste macchinette sono ovunque, come un (redditizio) cancro statale. Parallelamente a queste vi sono, naturalmente, quelle illegali, che arricchiscono le casse delle organizzazioni criminali.
Giocare non è immorale: una puntatina al lotto o una grattatina al biglietto della fortuna l'abbiamo provato tutti almeno una volta. Ma giocare in maniera ossessiva, ripetitiva e incontrollata è sintomo di una patologia che non è più ricerca di denaro, forse solo ricerca di adrenalina sul tavolo verde, davanti alla slot machine, di fronte ad uno schermo. Si inizia a volere sempre di più dopo una piccola vincita. E non ci si riesce a fermare. E si può continuare anche senza averne la possibilità economica, 'grazie' agli strozzini che si aggirano per elargire appositi prestiti.
Il gioco d'azzardo è come l'alcol: un sorso, un bicchiere e poi tutta la bottiglia. E come l'alcol, pure il gioco è perfettamente legale. Nessun problema fintanto che si tratta di monopolio (e guadagno) di Stato.

Dato che il danno l'ha creato lo Stato, sarebbe esso stesso a dover trovare un antidoto al problema. Magari smettendo di pubblicizzare e strombazzare ed elogiare il poker su ogni mezzo di comunicazione. Fantascienza. Lo Stato dovrebbe ma non fa (non gli conviene) perciò dobbiamo fare noi qualcosa. Con l'educazione, non v'è altro modo. Dovremmo imparare a giocare a piccole dosi: una puntatina, una scommessa, un assaggio e via. Come va, va. Ma per diventare giocatori d'assaggio dovremmo coltivare nuovi hobby, abitudini differenti, e per fortuna ce ne sono in giro di cose belle da fare... Una nuova passione sarebbe utile per trovare inutile, frustrante e dannatamente noioso starsene rinchiusi in casa davanti al pc per giocare, o in anonimi bar davanti a folli e scintillanti macchinette che svuotano le tasche e le anime.

Intermezzo

Freme l'ambizione di andare oltre
questi contesti immutevoli
sperando che le porte
siano scorrevoli.

Corsa disperata
verso un'ombra di futuro
brillando di luce propria
in un mondo al buio.

Intermezzo di ironica sorte
di ripetute sonore sconfitte
Intermezzo di frenetiche parole
di speranze e passioni non ancora vinte.

Post in evidenza

I BUONI PROPOSITI DEL LETTORE

Vorrei cominciare questo nuovo anno condividendo i buoni propositi... del lettore. Molte persone, infatti, mettono fra i buoni propositi qu...