Nel giro di una settimana è scoppiato un pandemonio.
Venerdì scorso ero lì tranquilla a scrivere il mio ultimo pezzo, un monologo comico per i vecchietti che parlava della dura vita sugli autobus...
E poi?
Succede quello che succede, e d'improvviso i pullman arrivano vuoti, in orario e soprattutto puliti!
Come direbbe Morgan… Che succede?!
Vuoti sono i locali... non ci troveremo come le star perché non ci sta nessuno qui al bar allora tutti quanti a depredar il supermarket in centro città no, non il negozio cinese, per carità! Piuttosto la farmacia bisogna assaltare Amuchina e mascherina integrale così saremo coronati per il Carnevale virale e al posto delle arance ci tireremo il disinfettante per la grande parata del Carnevirale. I musei son chiusi ma anche qui fuori possiamo ammirare dei capolavori I Gira-soli Amore e Psicosi Gli Amanti* L'Urlo di Munch (ma con l'apposita mascherina) Che ne dite se dopo supermercati e farmacie assaltassimo anche le librerie? *(avete presente il quadro di Magritte?? Andate a vederlo!)
Non so perché, ma ogni tanto mi escono queste poesiole (definirle poesie credo sia troppo), probabile eredità del mio primo periodo da pseudo-rapper adolescente. Che ne pensate? Attendo i vostri commenti... positivi o negativi che siano... li attendo!
Immaginavo,
non importa. Ho scritto di recente due post su librerie e biblioteche in crisi.
Mentre nel frattempo tramavo qualcosa di grosso: trasformare la disordinata
libreria della casa di riposo in cui lavoro in una biblioteca vera. Ma se
Pinocchio poteva contare sulla fata turchina per diventare un bambino vero, io
ho dovuto concepire un progetto a costo zero.
Colta da scetticismo iniziale, percepita come una cosa noiosa e fuori
luogo, l’idea della biblioteca non è stata proprio accolta coi fuochi d’artificio.
Nonostante tutto io sono partita col mio personale piano marketing: ne ho
parlato con sincera passione con tutti quelli che mi capitavano a tiro. Poi ho
dato un po’ di libri ai ragazzi (intendo gli anziani della struttura) da
pasticciare. Ci siamo messi a leggere poesie. A smuovere pagine. A rievocare
ricordi. E ho cominciato a notare alcuni particolari.
Innanzitutto
ho notato, e non potevo certo non notarlo, che alcuni parenti mi hanno sommersa
di libri. Donazioni anche piccole, ma da diverse persone. E bei libri,
oltretutto! Siamo passati da circa 380 volumi iniziali a 450, al netto degli
scarti (perlopiù libri troppo deteriorati).
Ho notato che
parenti e badanti hanno iniziato a prendere in prestito i primi libri;
nonostante il sistema non sia ancora operativo, sono venuti a segnalarmi cosa
si portavano via. E i ragazzi? Beh, loro per il momento prendono,
spostano, riprendono.
Ho notato che
la signora Loredana si è invaghita di un romanzo, me ne ha parlato per diverso
tempo, arrivando persino a sognarselo di notte! Sognava che le bruciavano gli
occhi a leggerlo, esattamente come nella realtà. Le ho promesso che glielo
leggeremo ad alta voce.
Classici + elenco provvisorio
Ho notato che
i libri fotografici hanno ottenuto un grandissimo successo. Ora piacciono più
delle riviste.
Ho notato che
qualche signora ha cominciato a ‘vantarsi’ delle letture di tutta una vita. “Io
a casa ho tremila libri! Ero sempre con un libro in mano!”
Ho notato che
la signora Lidia mi ha raccontato di aver giocato con sua figlia al famigerato Gioco
dell’oca. Ne è rimasta contenta. Sì, la nostra biblioteca è anche un po’
ludoteca. Fra l’altro qualcuno si è attivato per procurarmi giochi da tavolo
senza che io avessi chiesto nulla.
Ho notato che
Angela, la tirocinante che si è trovata suo malgrado in mezzo a questa
baraonda, si è appassionata al progetto, dandomi un aiuto di spessore senza il
quale avrei inaugurato a giugno.
Ho notato che
il sistema di autogestione su cui ho basato il meccanismo di prestito andava
rifatto da capo. Ehm, questo l’ho capito dopo aver catalogato i primi 340
libri. Alla fine ho deciso di inaugurare lo stesso la biblioteca. La stiamo
completando man mano.
Insomma, ho
notato che ho fatto un gran bel casino. Ma il progetto sta funzionando. In un
modo tutto suo. Certo, sono esausta per questo lavoro! Appena penso di aver
finito, ecco che spunta un nuovo sacco di libri donati... Lo so, me la sono
cercata.
Vi ho
raccontato di questo progetto perché penso che possa essere replicato altrove.
Appuntamento
al secondo volume: vi racconterò il seguito a biblioteca ultimata.
(COME INVENTARSI UNA BIBLIOTECA VOL.2, SEQUEL DEL 17 FEBBRAIO)
Vi ricordate il film The Shawshank Redemption, meglio conosciuto
come Le ali della libertà? È un dramma carcerario molto forte; ecco, a
un certo punto del film il protagonista rinnova la lurida biblioteca del
carcere e la tira a lucido. Non sono la prima ad averci pensato!
Quando ho cominciato a mettere le mani tra gli scaffali, mi sentivo
osservata. Non è un lavoro comune. Non è in apparenza un’attività di
animazione.
A un certo punto pensavo che tutto questo catalogare si concludesse con un
unico risultato: farmi venire voglia di leggere altri libri. Non è stato l’unico
risultato, anche se ho adocchiato parecchi testi interessanti!
Davvero le persone sono sensibili e ricettive. Più di quanto immaginiamo. E
la biblioteca è un’istituzione che ci educa al rispetto e al valore delle
cose, oltre alla sua funzione più evidente.
Dopo l’infinito lavoro di catalogazione ho iniziato quello di
etichettatura, non tanto più breve. Mentre porto avanti questo ultimo step,
ogni tanto butto l’occhio sulle liste; dai pallini rossi segnati capisco che
più di qualcuno ha preso in prestito un testo, mentre i pallini verdi indicano
che quel testo è già ritornato indietro. Ho già ricevuto le prime recensioni
sui libri! Utile anche per capirne il contenuto e fare, laddove necessario, le
giuste modifiche.
Al momento siamo a quota 476 libri di vario genere + una decina di giochi
da tavolo + qualche trilione di riviste.
Tutto questo a costo zero. Io ho semplicemente riordinato quello che già c’era.
Il resto è venuto da sé. Perciò se mi date, che so, mille euro vi faccio la
biblioteca d’Alessandria ;) Ma veniamo a noi. Perché ve ne parlo? Perché il
progetto sta funzionando. Penso possa funzionare ancor meglio in una realtà con
un’équipe di lavoro più estesa. Se voi colleghi animatori, educatori,
insegnanti, ecc. avete interesse per questo progetto contattatemi. Vi spiegherò
nel dettaglio il metodo di lavoro. Chissà.
Piccola premessa: in questo post parlerò solo ed esclusivamente di musica. Non di rumore. Non commenterò quindi travestimenti vari come meri escamotage per compensare voce e/o canzone, né fughe dal palco talmente surreali da sembrare farse.
Quando martedì sera mi sono sintonizzata sul Festival, un po' per dovere di cronaca (lavoro in una casa di riposo, qualche spunto mi serviva pure per le attività) e un po' per tradizione, ho sussultato. Un inizio travolgente! Gli Eugenio in via di Gioia eseguono Tsunami facendomi sobbalzare dal divano.
Poi però...
Trascorsi 7 minuti sono stati eliminati, non si capisce bene come e perché.
Ecco, lo sapevo. Il solito Sanremo!
Lo stesso destino è toccato a Martinelli e Lula: anche loro meritavano di più. Vedere una donna rappare all'Ariston, oltretutto, è una gran cosa.
Questi duelli per le Nuove Proposte sono spietati e ingiusti. Fortunatamente ci ha pensato il premio della Critica a ristabilire un po' di giustizia, finendo proprio nelle mani della band torinese.
E veniamo ai Campioni. Condivido abbastanza, in questo caso, sia il sistema misto di voto che il podio finale; Diodato è un cantante vero, non un personaggio. Lo stimo fin dai tempi della bellissima Babilonia. Testi intelligenti e grande voce. Fai rumore entra di diritto nell'albo d'oro dei vincitori.
Super gradite anche la delicatezza e l'intelligenza di Francesco Gabbani, ottimo secondo... d'altronde era impossibile replicare Occidentali's karma.
Le donne non sono andate benissimo, speravo in Levante, ma credo che nessuna grande voce abbia sfigurato. Nemmeno Rita Pavone, che ha sfoggiato sul palco energia e voce da fare invidia a tante colleghe più giovani.
Due parole veloci sui rapper. Sono andati meglio del previsto, nonostante il rumore delle polemiche pre-Festival, però... riscrivere le cover che avrebbero dovuto interpretare nella serata di giovedì mi pare troppo. E poi, cari rapper, siete troppo arrabbiati! Provate ad andare oltre. Imparate dai maestri italiani del genere. Caparezza e Frankie hi nrg.
Mi chiedo, poi, con quale criterio abbiano composto la scaletta delle varie serate. Se c'è ancora gente che deve cantare, e sono le due di notte... c'è qualcosa che non quadra. Ma ho promesso a inizio post di parlare di musica. Allora, visto che Sanremo è un varietà e nessuno si sognerebbe mai di tagliare ospiti e comici, proporrei di sfoltire la rosa dei Campioni: da 24 a 16. Immaginate una serie A a 24 squadre, il calendario sarebbe ingestibile!
Già che ci sono mi permetto pure di suggerire qualche nome per l'anno prossimo: Max Gazzé. Mahmood di nuovo. Brunori Sas. Calcutta. Levante, con una canzone più potente e in coppia con Carmen Consoli. Dolcenera, con un'altra canzone che parli dell'ambiente. I Ricchi e Poveri, ma stavolta in gara con un inedito. Difficile, eppure sarebbe una bella gara con buona musica e molto meno rumore.
Chi altro potrebbe starci? Ah, certo, gli Eugenio in via di Gioia, promossi tra i big, naturalmente.
Ce l'hai il fidanzatino? Quando ti laurei? Ma quando ti sposi? Allora, lo fate un bambino?!
Ecco una gettonata raccolta di domandine, scomode e imbarazzanti, che tutti ci siamo sentiti rivolgere almeno qualche volta nella vita. Perché su di noi esiste un'aspettativa sociale il cui copione è più o meno lo stesso per tutti: fidanzati, laureati, lavora, sposati, ingravidati. Finito qua? Macché! Poi si ricomincia il giro, come a Monopoli.
A volte sono allusioni, più che domande. E se col tempo s'impara a domare la vecchia zia pronta ad assillarci col ce l'hai il fidanzatino?, più dura diventa quando cominciano a chiederti quando ti sposi?, per non parlare della domanda ultra esistenziale che ti rivolgono le persone che non ti conoscono: tu che fai?
In che senso che fai? Mica si può rispondere "sono una disoccupata cronica, peraltro single." Che figura ci facciamo?
Otto anni fa mi ritrovai più volte in quella situazione; ebbi però abbastanza coraggio (o faccia tosta) da rispondere: "Scrivo. Sì sono una scrittrice, scrivo romanzi." Ohhh! Cambiava tutto! Facce stupite, sconvolte, invidiose, interessate...
Il punto è questo: dalle domande non si può sfuggire, l'unica difesa che abbiamo è dare risposte sconvolgenti (ma vere). Raccontare dei propri sogni e aspirazioni dà tutta un'altra immagine di noi. E ci aiuta anche a fornire risposte credibili.
Ma gli anni passano. A volte capita che i sogni ce li dimentichiamo per strada.
Ora, benché io abbia un lavoro stabile, un marito altrettanto stabile e una figlia di un anno e mezzo, le fantasie altrui si concentrano sul secondo.
Quando fai il secondo? Perché, è obbligatorio? Strano, la ginecologa non me l'ha prescritto.
Non mi danno chissà quale fastidio queste domande, ma mi fanno pensare. Soprattutto alle altre donne. A quelle sposate senza figli, a quelle nemmeno sposate, a quelle che ancora si arrabattano fra un lavoretto precario e l'altro coi loro progetti al pit-stop. Ecco, ci penso. E concludo che è sempre meglio non chiedere niente di troppo personale agli altri, se non sono loro a volercene parlare. Perché peggio di quelle domande c'è solo: quanto pesi?
Mai chiedere il peso a una donna, è una regola universale!
Se lo chiedete a me, tanto per dire, io manco lo so.
Vi lascio dunque uno spunto per domande da porre a persone che non conoscete o che non vedete da tanto. Al posto del quando fai il terzo figlio? provate a intavolare una discussione sui vostri sogni. Infranti, ricorrenti, attuali, dimenticati. Tanto sono sogni, nessuno vi giudicherà se non avete aperto l'agriturismo in campagna o se il vostro libro non è ancora giunto tra gli scaffali di Giunti e Feltrinelli! Ma verranno fuori cose particolari, che vi permetteranno di conoscere gli altri e farvi conoscere a vostra volta, sotto una luce diversa.
Una volta rivelati i vostri sogni, beh, a quel punto sarete pronti per rispondere con disinvoltura a qualsiasi domandina scomoda. Se poi vi chiedono quanto pesi e voi provate disagio perché le gravidanze o le pastasciutte precedenti vi hanno fatto mettere su pancia... rispondete con stile. Peso dunque sono.