Torino, 9 dicembre. In vari punti della città ha inizio la protesta dei Forconi, controversa quanto imponente manifestazione riottosa contro il potere. Torino risulta essere, sin da subito, il centro più caldo d'Italia, con tanto di binari occupati, piazze gremite e incroci - anche periferici - bloccati. Mentre tutto questo inizia e si protrae per giorni, un carico di libri si mette in viaggio dal Sud verso l'incandescente Nord. Sono i volumi di un certo romanzo, il cui titolo contiene la parola rivoluzione. Pazzesco, e grottesco. Il carico rischia di arrivare in gran ritardo (tanto per non smentirsi!) a causa delle disfunzioni di traffico e servizi.
Trovo che ci sia molta confusione in queste ondate reazionarie, mista a rabbia. Trovo che alcune delle azioni intraprese - cassonetti bruciati, minacce ai negozianti, intimidazioni agli automobilisti - siano preoccupanti atti di microterrorismo, molto più vicini al modello dittatura che al modello democrazia.
Trovo infine che sia giusto poter scegliere se aderire o meno alla protesta, come pare che abbiano fatto alcuni poliziotti che si sono tolti il casco (e non è certo stato, come qualcuno ha ipotizzato in una nota trasmissione televisiva, un gesto per segnalare la fine del turno!)
Con tutti i guai che abbiamo è più che legittimo protestare, anzi, mi vien da dire "era ora". Ma. C'è un ma. Oltre al come si manifesta, mi chiedo che cosa si chiede esattamente. Insomma... Cosa vogliamo, italiani? Che il governo torni a casa? Per poi andare a votare con la medesima legge porcata?
Il punto non è mandare tutti a casa, ma manifestare una chiara volontà popolare sulle reali emergenze del Paese, come il lavoro, proponendo idee per riforme e disegni di legge, ad esempio.
Io, professionalmente parlando, non sono diversa da chi protesta. Sono una di loro, senza lavoro, senza opportunità. E proprio qualche giorno fa mi son detta: possibile che non ci sia proprio niente che (pos)so fare? Perché non posso fare quello che so fare e che voglio fare? Che posso fare per poter fare ciò che voglio e so fare?
Non mi sono risposta a parole. Ho ricominciato a fare. A sognare. Cioè a scrivere. Scrivere per gli altri. E' ciò che chiamo speranza.
Speranza di poter presentare Damazerico dopo tanto attendere. Speranza che possa essere letto, dibattuto, condiviso. Speranza che in questo Paese cresca la passione per la lettura. Mentre a Savona oggi qualcuno voleva bruciarli, i libri...
Comunque sia, tutto dipende da noi. Sfasciare e minacciare e sbraitare non ci servirà a niente. Vuol dire che mancano le idee. E persino lo slogan "siete come noi" cade in contraddizione, se la gente viene costretta ad abbassare le serrande o a scendere dalle auto.
Trovo infine che sia giusto poter scegliere se aderire o meno alla protesta, come pare che abbiano fatto alcuni poliziotti che si sono tolti il casco (e non è certo stato, come qualcuno ha ipotizzato in una nota trasmissione televisiva, un gesto per segnalare la fine del turno!)
Con tutti i guai che abbiamo è più che legittimo protestare, anzi, mi vien da dire "era ora". Ma. C'è un ma. Oltre al come si manifesta, mi chiedo che cosa si chiede esattamente. Insomma... Cosa vogliamo, italiani? Che il governo torni a casa? Per poi andare a votare con la medesima legge porcata?
Il punto non è mandare tutti a casa, ma manifestare una chiara volontà popolare sulle reali emergenze del Paese, come il lavoro, proponendo idee per riforme e disegni di legge, ad esempio.
Io, professionalmente parlando, non sono diversa da chi protesta. Sono una di loro, senza lavoro, senza opportunità. E proprio qualche giorno fa mi son detta: possibile che non ci sia proprio niente che (pos)so fare? Perché non posso fare quello che so fare e che voglio fare? Che posso fare per poter fare ciò che voglio e so fare?
Non mi sono risposta a parole. Ho ricominciato a fare. A sognare. Cioè a scrivere. Scrivere per gli altri. E' ciò che chiamo speranza.
Speranza di poter presentare Damazerico dopo tanto attendere. Speranza che possa essere letto, dibattuto, condiviso. Speranza che in questo Paese cresca la passione per la lettura. Mentre a Savona oggi qualcuno voleva bruciarli, i libri...
Comunque sia, tutto dipende da noi. Sfasciare e minacciare e sbraitare non ci servirà a niente. Vuol dire che mancano le idee. E persino lo slogan "siete come noi" cade in contraddizione, se la gente viene costretta ad abbassare le serrande o a scendere dalle auto.
Con la Rivoluzione Francese, cosa accadde? Che caddero le teste dei tiranni. Poi ne arrivò un altro, peggiore. Per fortuna però, di rivoluzioni ne esistono diverse tipologie: c'è anche quella nonviolenta. Ma si tratta della tipologia più difficile, estremamente faticosa. Minacciare e spaccare tutto invece è molto più facile e sbrigativo. A noi la scelta.
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