Riassunto delle puntate precedenti: da
adolescente scrivevo diari segreti, lettere e biglietti compiendo un’inconsapevole
analisi introspettiva. Ma avevo anche molta voglia di divertirmi, perciò... Cominciai
presto a inventarmi giochi strampalati pensando ai personaggi, all’ambientazione,
agli arredi e ai costumi! Stavo giocando alla piccola sceneggiatrice senza
saperlo. E quando lo spazio era troppo ristretto per grandi giochi stile caccia
al tesoro, beh, mi limitavo a simil-party game da tavolo. Chiedere ai miei
parenti di Paccopoli e delle altre baggianate che mettevo su ogni Natale
con la complicità di mio padre... Questa è in sintesi la mia sperimentazione
adolescenziale in materia ludica, fatta di grandi, ehm, successi, fino a
raggiungere l’apoteosi col progetto Tealtro nel 2014.
In un’era invasa da schermi e teleschermi
con games veloci, luccicanti e preconfezionati è davvero difficile esaltare la
pratica dei giochi da tavolo, ma la verità è che persino una semplice partita a
Forza 4 può aprire la mente molto più di qualsiasi giochetto compulsivo. Se si
gioca a Forza 4 c’è un avversario davanti a noi con cui interagire, ridere,
scherzare. La lentezza del gioco da tavolo, poi, obbliga a pensare, riflettere,
escogitare la prossima mossa.
I giochi hanno da sempre un
ruolo sociale importantissimo, a qualunque età. I miei nonnetti in RSA quando
giocano alla Tombola sono le persone più felici di questo mondo, anche se non vincono
niente. Se loro, a novant’anni suonati, possono divertirsi con quattro cartelle
e due scemenze come premi perché per noi adulti è così tanto difficile?
Forse perché siamo troppo stanchi-
stressati- delusi- arrabbiati- distratti dalle nostre vite per sederci a un
tavolo e giocare a Cluedo con gli amici? È molto più comodo guardare una serie
TV o pasticciare lo smartphone. La nostra routine incide, è vero, ma spesso è
anche la convenzione sociale secondo cui a una certa età non si può giocare
più. Un vero peccato. Perché col gioco si può socializzare, imparare,
baccagliare, dimagrire, lavorare. Praticamente, giocando, potremmo realizzare
tutti i nostri sogni ;)
Siamo troppo seri. A scuola impartiamo una
ferrea disciplina ai nostri ragazzi, obbligandoli a lunghi periodi di
sedentarietà, compiti in classe, e pure a casa. A lavoro, in un qualunque
ufficio, il modello non può che essere quello.
Io sono una convinta sostenitrice del gioco come mezzo ludico. In futuro, prima o poi, scriverò e pubblicherò un saggio sul gioco, sui benefici che comporta da 0 a 120 anni. Sarebbe l’apoteosi della mia carriera di animautrice.
Ma torniamo alla me stessa adolescente: inventare
giochi, dunque, era diventato il mio passatempo. Certo il bagaglio ludico dell’oratorio
mi aiutò parecchio a sviluppare i meccanismi dei giochi, specie quelli di
movimento. Mi appassionavano proprio: oltre a divertirmi come una matta devo
dire che era molto bello vedere gli altri divertirsi con una mia proposta.
Ricordo che una sera in oratorio proposi un gioco giallo coinvolgendo una parte
degli animatori a fare i personaggi e lasciando gli altri a giocare a squadre
per svelare il mistero. Andò bene. In seguito virai decisa su giochi con
ambientazione horror, fatto di tanti buuh! per spaventare, ma anche di tante trovate
strampalate nelle trame. Strano, allora trovare il consenso degli altri era
infinitamente facile. In genere partecipavano tutti volentieri. Eppure non
avevo chissà quali competenze in merito.
A distanza di anni riconosco il valore
inestimabile di tutte le cacce al tesoro e i vari giochi inventati: mi
aiutarono a pensare che, quando si scrive, bisogna innanzitutto coinvolgere il
lettore. Ma oltre a inventare giochi, a un certo punto presi ad ascoltare il
rap, prendendo subito spunto.
Continua
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