«Non abitiamo più la terra e il cielo, bensì Google Earth e il Cloud. Il mondo si fa sempre più inafferrabile, nuvoloso e spettrale».
Quanti dati ci vengono... dati ogni giorno, ogni ora?
Oggi condivido qualche breve riflessione sul saggio di Byung-chul Han, “Le non cose- Come abbiamo smesso di vivere il reale”.
Si tratta di un’analisi sia filosofica sia antropologica.
L’essere umano contemporaneo non possiede più le cose, bensì processa informazioni, in una nuova evoluzione del capitalismo. Pensa ad esempio a quante foto scatti col tuo smartphone, a quanto in fretta te ne dimentichi, mentre col rullino era tutta un’altra storia…
L’uomo di oggi, da Han definito “phono sapiens”, non è più un uomo che agisce, ma che sceglie; la sua mano smette di agire, delegando il lavoro alle macchine, e sono invece le sue dita a scegliere, attraverso le app.
L’agire costa molta più fatica di scrollare e digitare: pensa a quanto sforzo ti ci vuole per scrivere a mano, rispetto a una chat...
Non si può rinnegare la tecnologia, ma possiamo scegliere di agire di più. Io ad esempio, dopo una giornata passata a essere connessa, impugno la penna per scrivere sul mio diario; mi costa fatica, sì, ma così facendo mi riconnetto a me stessa.
Quali sono le cose che per te ancora r-estistono?
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