Dedicato
ai colleghi aspiranti scrittori e, più in generale, a tutti gli esseri non
arrendevoli.
Quotidiano
specchio di mediocrità. Dal quieto già difficile mattino fino al tramonto
sipario di un’altra giornata passata a raschiare
Raschiare
il fondo del barile quasi vuoto, per tirare avanti un altro po’ e prolungar l’esistenza
proiettandola ad una cronica attesa di tempi migliori. Raschiare, fra annunci
di che cosa sei disposto a fare per poter lavorare o averne l’illusione;
raschiare, alla ricerca di una stabilità che tendi a vedere nelle vite altrui,
mai nella tua. E allora, si raschia
Mentre
ancora raschi la tua dose di mediocrità quotidiana, porgi lo sguardo
all’orizzonte; laddove gli altri non vedono che il vuoto, tu vedi l’infinito.
Una visione che stride in mezzo a barili consunti di prodotti che nulla ti han
dato che s’avvicini alla felicità. Perché non sei felice, restando fermo. Sai
che la felicità forse non è il traguardo, ma il correre verso lo stesso; sai
che, probabilmente, nel momento stesso in cui deciderai di metterti a correre
verso il tuo traguardo, ti sentirai inondare di felicità da dentro. Ma non ce
la fai, non ci riesci
E
allora riprendi a raschiare, così fan tutti, intorno a te. Finché ce n’è. Così
fan tutti. Tirare avanti. Collaboratori con qualifica di raschiatori.
Poi
un fischio. In lontananza, un fischio che rompe la quiete, e ti cattura. Chi è
che fischia? Cosa c’è laggiù?
Sembra
che a nessun altro dei colleghi raschiatori importi saperlo. Cosa c’è laggiù?
Per
soddisfare la curiosità, dovresti smettere di raschiare e incamminarti.
Dovresti insomma rischiare. Solo per il gusto di sapere cos’è quel bizzarro
fischio
Correrai
il rischio. Correrai per il fischio…
Allontani
le mani dal barile ed è già una liberazione. Ecco, però ora non hai più niente
da fare, non hai un’occupazione, sei già un nullafacente. Così recitano gli
sguardi dei colleghi raschiatori. Devi muoverti; e così fai. T’avvii.
Stai
rischiando. Nulla sai di quel che t’attende; sai solo che non vi sono certezze.
Dentro, però, è come sentirsi vivi, un brivido tipico dell’azzardo, cui
s’aggiunge una crescente determinazione di volere qualcosa… di più? Di meglio?
Di diverso. Ecco. È un rischio enorme. È una scelta impopolare e
anticonformista. Nessuna garanzia, nessuna certezza. Non si tornerà indietro.
Buche sulla strada, ostacoli che abbondano. Ti avevano avvertito con lo
sguardo, i raschiatori: questa via è pericolosa. Piena di buche. E se cadi? Ti
gridano. Mi rialzerò, rispondi.
Quello
che loro non possono sapere è che già qui a cento metri l’odore è diverso. La
speranza trasuda tutt’attorno questa strada. E prosegui, sulla base di quel
fischio che ancora è troppo, troppo lontano. Ma è come un richiamo.
Stai
rischiando. Come rischiò JK Rowling quando completava il suo primo Harry Potter
senza un soldo né un’attenzione. Invece di fermarsi e riprendere a raschiare è
andata avanti rischiando, completando il suo romanzo in mezzo a rumori e voci e
luci nel pub del cognato. Chissà, forse anche lei aveva udito un fischio. O
semplicemente ci credeva e basta. E poi? Uno, due, tre rifiuti, tre buche sulla
sua strada. E poi? Lo propose ancora, quel manoscritto. Il seguito è noto a
tutti.
Rischiare,
azzardare, osare. Non è roba per inguaribili sognatori o super visionari,
quanto piuttosto per tipi curiosi e cocciuti testardi.
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