Rissa in auto al tramonto


Torino, zona Aurora.

Oggi è un pomeriggio soleggiato. Non sembra nemmeno gennaio. Sono in giro con mia mamma, per un po’ di (micro)shopping... Eppure, tanti sono i problemi che mi strascico, i pensieri a come farò per non mancano mai.

Ci avviamo verso casa, accompagnate da un tramonto urbano che dipinge il cielo d’arancio. All’incrocio di corso Vigevano con piazza Baldissera, mentre attraversiamo la strada, un’auto dallandatura incerta inchioda e accosta. Perché la ragazza alla guida sta azzuffandosi con la persona accanto a lei. È sua madre.

È rissa dentro l’auto, cieche botte fra madre e figlia, sotto il tramonto urbano. La tentazione di attraversare e andar oltre c’è, perché immischiarsi potrebbe essere pericoloso. Eppure, intorno non sembra esserci nessuno in grado di placarle; e non smettono di darsele quelle due, Santo Cielo. Devo sì immischiarmi! Mi avvicino all’auto e busso energicamente contro il finestrino. Sono pronta a chiamare il 112, ma a quanto pare il mio marginale intervento fornisce sufficiente acqua a spegnere le loro anime bollenti. La madre della ragazza decide di scendere dall’auto con le chiavi. Osservo attentamente la scena, udendo insulti impensabili fra una qualunque madre e una qualunque figlia.

La signora cerca di ricomporsi: si concede qualche parola con me e mia mamma; con poche semplici frasi ci spiega la situazione di sua figlia che, invischiata nel tunnel della droga, non vuol farsi curare.

Da madre a madre, la mia prova a dispensarle qualche pensiero, qualche consiglio; la donna si toglie gli occhiali, scoprendo ancor più lo sguardo disperato. C’è stanchezza sul suo volto. Frattanto la figlia, serrata al volante, reclama le chiavi. Lo fa in toni molto autorevoli. Se scende dall’auto e riprende la rissa interrotta sono guai...

Attorno non vedo altri volti preoccuparsi troppo dell’inconsueta vicenda.

Dopo qualche minuto di falsa tregua, la signora, esasperata, lancia di malo modo le chiavi dentro l’abitacolo, sbattendo la portiera e sbraitando un esci dalla mia vita! sincero e scottante. La ragazza non se lo fa dire due volte: se ne va sgommando. La signora, quantomeno incolume, prova a incamminarsi verso non sa nemmeno lei dove, con poca convinzione. Quale che sia la grandezza dell’odio che prova, il suo pensiero corre e correrà verso quell’auto. Mia madre ed io abbandoniamo la scena, allibite. Non possiamo fare niente né per l’una né per l’altra.

Troppe domande per una scena troppo brutta, quanto reale. Il mio piccolo intervento ha forse fermato le botte, ma certo non l’odio. È stato grande in me il senso di impotenza. Nessuno a suggerirmi la cosa giusta da fare. Nessuno a fornirmi risposte sui perché. Perché una madre dovrebbe picchiare e odiare tanto sua figlia e viceversa? Perché se si scivola in un tunnel è tanto difficile chiedere aiuto?

Non ho risposte. Però. Divampa improvvisamente in me una sensazione, quella d’essere fortunata. Non solo perché non vengo mai alle mani - tantomeno con mia mamma... Non è solo questo...

Qualunque mio problema, dopo questo episodio, assume i contorni di una sfida difficile, di una vetta da raggiungere, ma non certo di un problema.

Questa vicenda mi ha lasciato un senso di impotenza, sì, ma di certo non mi ha lasciata indifferente. Senza giudicare né l’una né l’altra, mi auguro soltanto che dopo la rissa al tramonto, nel loro triste vagare, possano trovare un sentiero di speranza.

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