Adoro fare torte.
Fosse solo questo.
Amo inventarle dal nulla, e decorarle, e farcirle, senza bisogno di cliché
televisivi o ricette impostate o esempi preconfezionati, adoro mescolare gli
ingredienti alla mia maniera, sperimentale e rischiosa.
Forse avrei potuto fare strada, se solo una pasticceria avesse scelto di
credere nella mia linea di dolci…
Tempo fa feci il giro delle piccole pasticcerie di zona, ma tutte mi
risposero che erano già piene di torte da testare di altri provetti pasticceri.
Qualcuno si sbilanciò oltre, dicendomi che avrei dovuto specializzarmi in una
linea precisa, invece di sfornare crostate di frutta e torte di compleanno e
ripiene al cioccolato e stracolme di crema pasticcera. Insomma, dovevo scegliere
una sola specialità, con ingredienti standard, ma ciò che mi uscì
successivamente furono degli esemplari ibridi, miscugli di calorie che col
tempo imparai a domare, affinché fossero dolci non troppo dolci.
Un giorno un pasticcere più furbo degli altri mi disse che se lo avessi
pagato mi avrebbe fatto esporre una torta nella sua vetrina; rifiutai
indignata, oltretutto si trattava di una vetrina poco esposta e non certo di
una pasticceria del centro… Scoprii col tempo che pasticcerie di questo genere
ce n’erano tante, e che altri aspiranti come me cedevano senza tanti dubbi, pur
di ritagliarsi uno spazietto di visibilità.
Nel frattempo, crebbe in me un disperato bisogno di condividere tutte
quelle calorie.
Che spreco, altrimenti! O che chili in più per me!
Decisi allora di dare una festa. Quale modo migliore di farmi conoscere, se
non prendendo per la gola potenziali
clienti?
Così festa fu.
Doveva trattarsi di una semplice festa con torta, ma i miei dolci
sembravano – dall’esterno - poco accattivanti, persino ambigui. L’offerta
troppo variegata trasformò l’evento in una festa contorta, dacché gli invitati
si mostravano distratti e indecisi. Poco prima della fine tagliai la mia torta
di punta, piccola ma traboccante di panna e fragole, che difatti lasciò gli ultimi
invitati rimasti assai soddisfatti. Che peccato... Avessi avuto più scorte!
Quella festa non mi fermò, anzi, mi riorganizzai, nonostante la mia piccola
cucina non fosse certo attrezzata per sfornare dolci in continuazione… insomma…
dovevo pur mangiare altro! Cercai un equilibrio precario fra cucinare per
passione e cucinare per necessità. I piatti salati mi riuscivano altrettanto
bene, ma costavano comunque tempo e fatica.
L’ostinata passione mi condusse a ricreare una vasta gamma di chantilly nei
quali credevo molto. Ma continuavo a essere sprovvista di strumenti, cosicché
da pasticcera a pasticciona fu un attimo. Benché si presentassero come pasticci
poco invitanti all’esterno, le paste non erano affatto male: la panna al loro
interno era forse la più pregiata che avessi mai creato, ma anche la più
difficile da gestire.
Fu per questo che decisi di contattare un esperto pasticcere, specializzato
nelle paste fresche, nel tentativo di imbastire una collaborazione: oltre che
di strumenti, ero carente di semplici vassoi. Tuttavia questo esperto indugiava
troppo, mi trattava con sufficienza, così lo lasciai perdere.
Per fortuna che in casa avevo ancora un po’ dell’ottima panna. Decisi di
dar fondo a quella preziosa scorta, nel tentativo di fare bella figura.
Diedi un’altra festa.
A questo party, però, non era prevista una torta di spicco a
catturare l’attenzione, perché volevo che gli invitati provassero i miei
chantilly sperimentali. Ahimè, non ottenni il successo sperato: i pochi clienti
che si presentarono parevano del tutto disinteressati alle paste. Ben presto
finirono gli assaggini di torta margherita, ce n’era una sola! Avevo dedicato
un sacco di tempo a preparare quelle paste, possibile che nessuno se ne
curasse?
Un’altra festa contorta.
Sembrava che gli invitati fossero interessati più all’atmosfera, alle vuote
chiacchiere intorno, che alla bontà di quel che si mangiava. Perché spesso non
si ha la pazienza di fermarsi ad assaporare le cose, gustandosele per davvero?
Ho sempre badato molto più all’essenza, ma anche la forma conta molto, a
questo mondo. L’unica possibilità che ho è quella di continuare per
migliorarmi. Chissà se un giorno, finalmente, anche le mie torte e i miei
chantilly approderanno in una vetrina di pasticceria, ancorché piccola.
Ora vi lascio, che vado a fare il tiramisù.
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