lo sport è molto di più

la maratona sotto la pioggia
Onore a missile Bolt, ai fiorettisti italiani, a Andy Murray e a tutti coloro che hanno vinto nella giornata di domenica 5 agosto, ricca di medaglie. Vorrei però proseguire sulla scia del precedente post "Fuori podio", evitando di parlare troppo dei vincenti. Onore dunque anche a Tania Cagnotto e a Valeria Straneo, quest'ultima ottava nella maratona a 36 anni. 

Non tutti gli atleti sono star da copertina. Non tutti si chiamano Phelps, Serena Williams, Bolt, Pellegrini. Ve ne sono tantissimi che non saliranno mai su un podio olimpico, che rimarranno senza sponsor e senza guadagni milionari, atleti ai quali non rimarrà che la passione per lo sport praticato e basta. Tralasciando le primedonne che sguazzano in vasca o in pedana o in pista con presunzione e arroganza, e tralasciando pure i taciturni fenomeni extraterrestri che polverizzano i record, vorrei soffermarmi su questi atleti, normali, battibili, umani. Cui ogni tanto riesce il miracolo. Chiedere ai nostri Sartori e Battisti, scaricati dalla Federazione e finora unici a vincere una medaglia per il canottaggio azzurro.
Lo sport è sacrificio. Fatica. Sudore. Non è solo doping, gossip, scandalo, trionfo, podio, oro, doppio oro, record del mondo. Quello è materiale per i media. Ovvio, i quinti e i decimi posti non fanno notizia, a meno che non appartengano a Pellegrini, Williams, Bolt, Phelps. In tal caso è uno scandalo astronomico. La gogna mediatica sembra non accontentarsi mai, esige medaglie e trionfi. Esige il rispetto del copione. Che vinca il campione.
Gli atleti umani sgobbano quanto i campioni per sudarsi il loro quinto o decimo o quarantaduesimo posto. Ogni disciplina richiede una preparazione rigorosa. Si tratta di unire il talento alla scelta. La scelta di inseguire un sogno a cinque cerchi.
Lo sport si pratica col corpo e si vince con la testa. Talvolta, col cuore. Il talento non è tutto e il sacrificio di una vita intera può anche non bastare per vincere una medaglia. Quello che filtra però dai titoli dei giornali è banale e riduttivo. Non è un problema delle Olimpiadi ma in generale del mondo dello sport, trasformato in una macchina da soldi e sponsor. Celebrare le vittorie è giusto, ridurre lo sport a oro-argento-bronzo-record del mondo è inaccettabile. Avete seguito la maratona? Una gara così intensa, complessa e affascinante si può ridurre ad un mero discorso di tre metalli?
Kemboi e Benabbad in trionfo
Due immagini vorrei contrapporre alla sbornia da podi. La prima: dopo la finale dei 3000 siepi, il keniano Kemboi e il francese Mekhissi-Benabbad che si tolgono le divise e festeggiano, si abbracciano e ridono. Una bellissima immagine. Ah, sì, per la cronaca hanno vinto l'oro e l'argento. La seconda: Oscar Pistorius che corre. Per la cronaca ha chiuso ultimo la semifinale dei 400. Onestamente, chi se ne frega. Lui ha corso coi normodotati. Ha buttato giù una barriera.

Mi auguro che lo sbandierare trionfi mediatico possa servire almeno da stimolo per la gente. Spero che bambini, giovani, adulti vengano colti da improvvisa voglia di correre; via, in palestra, in piscina, in pista, in pedana, a combattere. A combattere.
Lo sport insegna le regole di vita, il rispetto dell'avversario. Insegna a credere in se stessi, a tacere e a mirare in alto. Insegna a gioire così come a rialzarsi dopo aver perso la gara della vita. Insegna a praticare una disciplina non per essere il migliore, ma per essere migliore.

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