Che gran bel posto, il nostro Belpaese. Chi lavora troppo e chi non lavora affatto. Chi lavora troppo che guai ad ammalarsi: il contratto precario non gli permette il lusso della mutua; e chi non lavora affatto che si affanna a cercare, cercare, esibendo ovunque diplomi, lauree, esperienze, attestati ammassati in un inutile dossier di sapienza certificata.
Col
tasso di disoccupazione in preoccupante discesa, si arriverà presto a dover
pagare per poter lavorare. Per il momento accontentiamoci di affannose ricerche.
Ma non finisce mai di sorprendermi, l’italica mentalità: lavoro a parte, denoto
difficoltà enormi pure nel proporre progetti, come se non fossimo esseri
pensanti anche noi ventenni-trentenni; fra l’altro parlo di progetti sociali,
che gioverebbero al territorio e alla gente. Certo, bisognerebbe scommettere
sull’idea, correre qualche rischio, ma bocciarla a priori è avventato, per non
dire stupido. C’è dell’altro però, ancor più clamoroso: pare che non basti
nemmeno più offrirsi come volontari! Succede, succede davvero. In genere ci si
offre di far volontariato in una realtà per poter poi proporre idee personali,
o magari solo per farsi un’esperienza arricchente. E invece niente, appena
dimostri di essere un poco più creativo del normale ti scansano. Bene, a quanto
pare qui c’è un grave problema di mentalità.
A
questo punto la tentazione di sconfinare si fa forte, specie per chi, come me,
l’ha già fatto e sa che il discorso sulla differenza di mentalità non è così
campato in aria, purtroppo. Più che un problema di atteggiamento o di idee, alla
base del Belpaese c’è un problema di non-apertura, di non-volontà.
Per
uscire da certe situazioni ci vorrebbe un colpo alla Berlusconi: lui che sa
sempre come girare le cose in suo favore, addirittura concedendosi il lusso
della contraddizione. Che classe. Balotelli è una mela marcia. E poi… oh,
sorpresa sorpresa, cari tifosi! Balotelli rossonero! Con tutte le fughe di
cervelli che ci sono vien da dire: evviva! Evviva l’unico giovane italiano che
è riuscito a tornare nel suo Paese a farsi coprire di soldi!
Non me
ne voglia Super Mario, ma i suoi milioni stridono con la situazione della sua
generazione, arrivata alla frutta. Alla macedonia per la precisione, con tutto
quello che stanno tagliando...
Pare
che siano diminuite le iscrizioni all’università. E per forza: han tagliato le
borse di studio e creato un circolo vizioso che ostacola i laureati nella
ricerca del lavoro desiderato e del lavoro in generale… Han tagliato anche il
Servizio Civile. L’anno scorso il bando nemmeno è uscito… Si spera nella
primavera. Han tagliato la cultura: chiunque faccia qualcosa di artistico, deve
pensare alla vendibilità del prodotto. Qualità non fa rima con soldi né
successo.
D’accordo
che c’è la crisi. Però il Belpaese non stimola a muovere proposte, né tantomeno
a metterle in pratica (a meno che uno non abbia i soldi). La considerazione per
le persone è troppo bassa. Ci preoccupiamo dello spread e delle banche e dei tassi
d’interesse… E poi non riusciamo neppure a scorgere il clochard infreddolito a
due passi da noi.
Giovani
italici, siamo proprio alla frutta. E passar dalla frutta alla fuga è un
attimo. Eccoci dunque all’eterno dilemma generazionale: restare, per la
macedonia, oppure lanciarsi in una fuga senza certezze? Il fremito di fare i
bagagli lievita, di fronte ad una realtà che continua a ergere muri.
Ma la
verità è che io non voglio né fughe né macedonie.
Dove c’è
un’idea, un progetto, un’ispirazione bisognerebbe innanzitutto chiedersi: perché no? Già, perché no, se credo
nella mia idea? Certo, dovrò andare controvento, ma almeno sarò sicura di
cominciare, non dovendo chiedere né cercare approvazione: basterà crederci. Questo
folle piano perché, non so voi, ma io dopo tutta questa frutta indigesta ho
proprio bisogno di un buon dolce.
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