Da grande voglio fare
l’imprendi-attrice.
Voglio calcare palcoscenici.
Costruendomeli prima. Perché non ce ne sono di disponibili, qui.
Voglio aprire uno spazio su misura di
persona. Uno spazio che dia spazio e respiro e sostegno. Un palco su cui
potersi esibire in libertà.
Perché qui si pensa solo a salvare il
(proprio) salvabile, a bivaccare, sopravvivere, lasciando indietro i cosiddetti
ultimi. Qui si sente solo più parlare di soldi e di banche e di spread. Non
esiste altro. La cultura non è nemmeno nei più remoti pensieri degli ometti che
in questi giorni saltano da un salottino televisivo all’altro per la campagna
elettorale. Mentalità chiusa, retrograda: l’Italia potrebbe vivere solo di
turismo e arte, se lo volesse! Con tutto quello che c’è da contemplare in giro,
dal Trentino alla Sicilia… E invece si parla solo di manovre, di IMU, di
burocrazia, tasse, contratti, scartoffie, soldi, crisi, delitti. Ma la vita non
è solo questo. Per fortuna.
Dunque, scelgo. Di dissociarmi da questa
mentalità, da questo modo di concepire il mondo. E chi si dissocia o fugge, o
resta a contrastare. Per il momento e fintanto che mi sarà possibile, scelgo la
seconda. Contrasto. Imprendi-attrice, che roba difficile. Richiederà sacrifici.
Che scelta impopolare. Ma ad ognuno il suo posto. Mica son qui per fare la
manager, né la superstar. Sono un’iniziatrice. Una sceneggiatrice di trame
difficili e appassionanti.
Vero, qui da anni mi tarpano le ali, io
stessa in certe fasi mi sono auto-ostacolata, eppure, il mio sogno non è
volare, ma far volare gli altri. È differente. È sempre stato questo. La
felicità di volare sola non sarebbe tale. “Guarda che bello il mondo da
quassù!” A chi lo dici se voli alto, ma da solo?
Eppure aiutare gli altri, lavorare per
guadagnare e mangiare, dar voce alle proprie idee, diffondere e vivere la
cultura sono cose fra loro inconciliabili. Lo sanno bene gli educatori e gli
artisti in ascolto, dico bene ragazzi?
Di fronte a un contesto tanto difficile
sarebbe stato saggio lasciar perdere. E invece no. Perché? Perché ho visto. Ho
vissuto sulla mia pelle l’esperienza del teatro
sociale, ho respirato il bene che fanno musica, arte, ironia. Ho visto, vissuto
e beneficiato di una magia incredibile. E ho pensato: cavolo, questo progetto
s’ha da (ri)fare! E difatti ci ho riprovato, più e più volte, qui in patria.
Ma la volontà non basta, me ne sono
accorta subito. Perché poi… ci si mettono quei maledettissimi soldi. Se già
manca l’attenzione generale, vallo a trovare un palcoscenico gratis.
Ho accantonato l’idea. Beh, più o meno.
In realtà, nel frattempo, ci ho scritto un libro su quest’idea del contrastare
un ordine chiuso e ingiusto; e, a forza di ripetermi che fuggire sarebbe darla
vinta all’ordine stesso, alla fine ho pensato di costruirmelo direttamente, un palcoscenico.
Nel pieno di una crisi generazional-nazional-generale. Senza soldi e senza
lavoro. Senza aiutini e senza raccomandazioni. Senza il favore dei pronostici e
senza garanzie. Ma c’è almeno una discriminante a mio favore: altri giovani mi
affiancano, con i miei stessi intenti, forse persino più profondi e autentici.
So che chi mi affianca mi crede e ci crede. E tanto è bastato per concepire un
progetto di cooperativa sociale.
Dunque stiamo per andare in scena. Una
scena anomala, in cui gli (imprendi)attori si dovranno costruire il palco pezzo
dopo pezzo... Una bella impresa, non c’è che dire.
E già che siamo in tema di libera
iniziativa e apertura mentale, cominciamo a lanciare appelli: se tu caro lettore
o lettrice hai un’idea personale in testa, se ti intriga questo binomio: teatro sociale, se pensi che musica,
sport, gioco, teatro, arte possano esser mezzi facilitatori del dialogo e della
tolleranza, se credi nella cultura nonostante tutto, allora questo progetto potrebbe
interessarti. Preciso infine che non intendiamo far soltanto teatro, già che ci
siamo vorremmo proporre tante altre belle attività. Oh, le cose difficili vanno
fatte bene! Se pensate sia un bluff… beh… allora sarà un bluff in grande stile,
con tanto di statuto sociale e atto costitutivo. Ora vado, la costruzione del
palco attende: dobbiamo ancora completare i gradini.
Il medesimo articolo anche su: http://www.uman360.it/imprendiattori/
Il medesimo articolo anche su: http://www.uman360.it/imprendiattori/
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